ECOLOGIA SOCIALE E PROMOZIONE DELLA SALUTE di Giampaolo Carcangiu

“L’aumento della conoscenza è solo uno degli obiettivi della scienza, ma il fine ultimo è il miglioramento della condizione umana”. Joseph Rotblat, Premio Nobel per la Pace, 1995

“La scienza è un bene per tutti, un arricchimento culturale. Una risorsa capace di migliorare le nostre capacità di ragionare, di provare emozioni e non sottometterci a superstizioni antiche e moderne. In questo senso la scienza può avere ricadute sul benessere di tutti.” G. Rizzolatti (2016)

L’ecologia (gr. oikos=casa), è una scienza naturale il cui oggetto di studio è la relazione tra gli organismi viventi e il loro ambiente.  L’ambiente viene inteso come l’insieme degli esseri viventi, dei fattori fisici, chimici e geografici con i quali un organismo interagisce. L’ecologia si è posta inizialmente come uno dei possibili luoghi di convergenza tra le conoscenze di una molteplicità di discipline, sia sociali che naturali, finalizzata alla comprensione della struttura e dei processi degli ecosistemi. All’ecologia si è ispirata la scuola dell’ecologia umana, sorta alla Chicago University (USA) negli anni venti e trenta del secolo scorso, e successivamente sviluppatasi in varie branche (ecologia urbana, ecologia sociale, scuola del complesso ecologico, ecologia umana sociologica, ecc.). Più specificamente l’ecologia sociale, studia le correlazioni ecologiste con quelle politiche e sociali. Essa parte dall’assunto che la vita è un sistema fortemente integrato sia a livello biologico, che sociale, che spirituale e di conseguenza fondamentalmente interdipendente. È definita dai suoi maggiori esponenti come “un approccio alla società ricostruttivo, ecologico, comunitario ed etico” (senza fonte). L’ecologia sociale sostiene che il modo in cui le persone si relazionano genera gli equilibri e/o gli squilibri (economici, sociali ed ecologici) che attualmente caratterizzano il nostro pianeta.

Il Produttivismo (orientamento di politica economica che tende a incrementare la produttività mediante un razionale sfruttamento di nuove tecniche di produzione e di distribuzione), la sovrapproduzione (squilibrio tra offerta e domanda, derivante da un eccesso della prima sulla seconda) e il consumismo (fenomeno economico-sociale, tipico dei paesi a reddito elevato ma presente anche nei paesi in via di sviluppo, consistente nell’aumento dei consumi per soddisfare i bisogni indotti dalla pressione della pubblicità e da fenomeni d’imitazione sociale diffusi) sono i sintomi e non le cause dei problemi più profondi che riguardano le relazioni sociali ed etiche all’interno delle nostre comunità.

Murray Bookchin (1921-2006), filosofo, sociologo ecologo, storico ambientalista e saggista statunitense,  dall’ecologia in senso lato giunse ad elaborare una teoria dell’ecologia sociale ovvero di una “ecologia della libertà” che è totalmente svincolata dal sapere convenzionale e da qualsiasi ideologia. In questo senso si deve parlare di un pensiero profondamente rivoluzionario, capace di sovvertire l’ordinaria visione del mondo e di noi stessi. È una concezione che vanta statuti teorici di tutto rispetto, spazia dall’antropologia alla filosofia, dalla storia delle religioni all’economia, dalla biologia al pensiero politico ecc.

La questione ecologica è per Bookchin legata in maniera indissolubile alla questione sociale, in quanto individua i problemi ad essa correlati come derivanti dai problemi sociali, così che i primi non possono in alcun modo essere considerati separatamente dai secondi, che ne sono la causa e non l’origine. La società ecologica ipotizzata da Bookchin è una società in “equilibrio di flusso”[1].

Ovvero una società immersa in un flusso di cambiamenti continui, caratterizzata da stati successivi di stabilizzazione, battute d’arresto e ristabilizzazioni. La società ecologica si dovrebbe quindi proiettare verso i mutamenti sociali radicali, indispensabili per annullare la cultura del dominio dell’uomo sulla natura, da cui deriva quello di dominazione dell’uomo sull’uomo. Oggetto di studio dell’ecologia sociale sono dunque, l’interazione  tra i comportamenti umani e le piccole  e grandi comunità, l’impatto sull’ambiente delle concezioni e delle politiche umane, le forme di relazionalità non incentrate su categorie quali quelle del “profitto” e dello “sfruttamento” la “coappartenenza” e la “convivialità” di tutti gli esseri e i sistemi viventi.

Sul versante pratico l’agire ecologico è la condizione imprescindibile per sostenere l’adozione da parte della collettività di comportamenti e stili di vita protettivi per la salute di tutti e di tutto il pianeta, che possono indurci a porre in second’ordine i nostri interessi immediati e ad adottare comportamenti rispettosi dell’ambiente fisico e relazionale. Le tematiche della sfida ecologica, propongono diverse giustificazioni di un agire ecologico, di un comportamento cioè che prenda finalmente atto dell’etica ambientalista. In tale studio gli ambienti e i gruppi sociali che li abitano, le tecniche di produzione, gli strumenti materiali ed ideali, le tecnologie, le mode, la diffusione di modelli di comportamento, gli stili di vita, hanno tutti pari importanza e sono da considerare i componenti di un sistema complesso e inscindibile. Il comportamento del singolo individuo deve così essere inteso, oltre che come prodotto delle grandi cause esterne, anche come causa, di tanti fenomeni rilevanti all’interno dello stesso sistema.

La teoria ecologico sociale è sostanzialmente una teoria della libertà (morale, giuridica, economica, politica, di pensiero, libertà metafisica, religiosa ecc) in cui l’uomo non si colloca alla sommità della gerarchia dei viventi, ma è una parte nel tutto. La concezione ecologico sociale implica la necessità di promuovere uno sviluppo umano equo e sostenibile capace di accettare e ristrutturare il contesto, sia nella forma che nel contenuto. Nell’ottica eco sociale, il concetto di “salute”, viene interpretato in termini di interrelazioni tra la specie umana e l’ambiente circostante: fattori microclimatici, organismi biologici, microrganismi, animali e piante, i costituenti inorganici dell’ambiente locale e i diversi aspetti culturali e le abitudini delle società, come p.e. la nutrizione, le abitudini voluttuarie, il lavoro e la condizione delle abitazioni.

L’esposizione ai rischi ambientali (inquinamento dell’aria, rumore, contaminazione dell’acqua, e rifiuti solidi), ai rischi fisici (pericoli industriali, occupazionali e di traffico legati alla complessità delle infrastrutture urbane), ai rischi sociali (malattie infettive, disoccupazione, disagio sociale e criminalità) si riflette in una disuguaglianza di salute e socio economica tra ricchi e poveri. La povertà intesa come privazione di una corretta alimentazione e di accesso alla scolarizzazione, al lavoro, a idonee abitazioni e al sostegno sociale, è ritenuta un indicatore di morbilità e mortalità, oltre che di malessere sociale.  La salute migliora, la mortalità diminuisce quando ci si riferisce ai gruppi sociali più forti, mentre la prima peggiora e la seconda aumenta (o almeno l’una non migliora e l’altra non diminuisce) nei gruppi più deboli da un punto di vista economico, sociale, culturale: così le diseguaglianze di salute crescono o, al più, restano stabili.

L’interpretazione dei risultati delle numerose ricerche in tal senso, effettuate a partire dalla fine degli anni novanta del secolo scorso, deve tuttavia tener conto del fatto che la percezione individuale di salute o malattia dipende molto, oltre che dalle condizioni reali di salute, dall’interazione con i sistemi sanitari, quindi con l’accessibilità alle cure. A parità di condizioni di salute possono corrispondere percezioni diverse di patologia, fortemente influenzate da fattori sociali e culturali. Bassi livelli culturali possono determinare la mancata percezione di problemi reali di salute, in grado di indurre patologie cronico degenerative quali diabete, malattie cardiovascolari e tumori che portano ad un sostanzioso incremento dei costi sanitari.

La salute è una risorsa per la vita quotidiana non lo scopo della vita (salutismo/malattismo), è un concetto positivo che sottolinea le risorse personali e sociali al pari delle capacità fisiche.

“I prerequisiti per la salute sono la pace, una casa, l’istruzione, la sicurezza sociale, le relazioni sociali, il cibo, un reddito, l’attribuzione di maggiori potenzialità alle donne, un ecosistema stabile, un uso sostenibile delle risorse, la giustizia sociale, il rispetto dei diritti umani e l’equità”.

Alla luce di questa affermazione si deduce che uno stato di salute totale, è pura fantasia. Potremmo dire che la nostra esistenza si trova costantemente in una zona compresa fra il “non ancora sano” e il “non del tutto malato”. Salute è un concetto multidimensionale, è un processo dinamico sempre esposto al fattore di rischio (Dizionario di Antropologia Pastorale, Dehoniane, 1980 p.1031).

I principali problemi che interessano la salute delle nostre comunità sono rappresentati dalle conseguenze negative legate al fumo, alcol, scorretta alimentazione e sedentarietà che costituiscono i quattro fattori di rischio responsabili da soli del 60 % della perdita di anni di vita in buona salute, dell’86 % dei decessi in EU e del 75 % in Italia.

L’ OMS rileva che le principali malattie croniche non trasmissibili (MCNT), legate ai succitati 4 fattori di rischio, determinano la maggior parte della mortalità in Europa. Negli ultimi decenni si è registrato un progressivo aumento della speranza di vita (84 anni per le donne e 79 per gli uomini – dati 2010), ma a causa delle MCNT, che pesano per oltre il 60% sul carico di malattia globale, la speranza di vita libera da disabilità si attesta su valori molto più contenuti e simili per entrambi i sessi (circa 65 anni). Questi dati, già allarmanti, sono destinati a peggiorare per diverse ragioni, fra le quali la tendenza all’aumento del consumo di alcol, dell’inattività fisica, l’aumento di sovrappeso e obesità o l’aumento dell’aspettativa di vita con la quale cresce parallelamente la probabilità di sviluppare tumori, malattie cardiovascolari e diabete.

Nei paesi a basso reddito le MCNT aggravano la povertà e ostacolano il raggiungimento di obiettivi di crescita. Quando le persone si ammalano o muoiono precocemente, è fortemente coinvolto oltre il singolo, il sistema famiglia e tutto il sistema produttivo. I costi per le cure possono essere devastanti a livello personale, o insostenibili per un sistema sanitario fragile. Quasi tutte le malattie sono bersaglio delle diseguaglianze sociali, di dimensioni impressionanti per tutte quelle correlate al consumo di alcol, tabacco e altre droghe, all’azzardo, all’obesità, alla scorretta alimentazione e sedentarietà, a condizioni di sicurezza in ambiente di lavoro, a quelle dipendenti dalla qualità delle cure mediche e a quelle correlate a condizioni di povertà nell’infanzia.

Molti comportamenti quali il fumo di tabacco, il consumo di alcol e dei cosiddetti comfort­ing foods e junk food, ricchi di zuccheri e grassi saturi, rappresentano fenomeni di un adattamento a condizioni di stress cronico (disagio socio economico, bassi livelli di istruzione ecc.) piuttosto che libere scelte individuali. L’obesità può essere considerata come uno degli attuali e più gravi problemi di salute pubblica della maggior parte dei paesi industrializzati. All’interno degli stili di vita individuali sono stati studiati i determinanti per la salute correlabili alle diverse fasce sociali di appartenenza. Le informazioni più valide sono quelle relative all’obesità e al fumo di tabacco. L’obesità mostra ovunque variazioni sociali nella stessa direzione di quella degli indicatori di salute.

In Italia si assiste ad una crescita esponenziale della popolazione in sovrappeso e obesa in tutte le fasce di età (obesità infantile, giovanile, dell’età adulta e oltre i sessantacinque anni d’età). Tale dato è tanto più preoccupante in quanto diverse ricerche epidemiologiche sottolineano la relazione tra la sempre maggiore quantità di comforting foods a disposizione, l’aumento del suo consumo, quello della popolazione in sovrappeso e le malattie ad esso correlate (Diabete mellito tipo 2, patologie cardiovascolari, etc.).

Secondo il concetto ecologico sociale, gli stili di vita della popolazione dipendono dalle relazioni esistenti tra i sistemi ecologici presenti nella comunità. I problemi correlati agli stili di vita a rischio, possono essere affrontati cambiando l’omeostasi di questi sistemi, cambiando la cultura della comunità, definita come l’insieme delle caratteristiche comportamentali trasmesse nella filogenesi e nell’ontogenesi.

L’unità di interesse dell’ecologia sociale non è il singolo individuo, bensì gli aggregati demografici localizzati, ovvero le comunità, intese come “famiglie di famiglie”.

Il concetto di promozione della salute si riferisce ad una specifica strategia definita dalla Carta di Ottawa (1986) come quel o quei processi che mettono in grado le persone e le comunità di sviluppare un maggiore controllo sulla loro salute e di migliorarla.

Tra le strategie proposte nella carta si sottolinea la necessità di permettere a tutte le persone di sviluppare al massimo le loro potenzialità di salute attraverso interventi di comunità centrati sullo sviluppo di abilità personali e collettive inerenti la salute. La promozione della salute rappresenta, dunque, un processo globale orientato alla trasformazione e al cambiamento delle condizioni sociali, ambientali, antropologiche culturali, economiche e strutturali e al potenziamento dei livelli di abilità delle persone rispetto a scelte di stili di vita salutari (empowerment for health).

Tali concetti sono sovrapponibili a quello già riportato sull’ecologia sociale intesa come “un approccio alla società ricostruttivo, ecologico, comunitario ed etico”. Più precisamente, partendo da diversi orientamenti disciplinari, cerca di integrare i diversi approcci che studiano le interazioni bio-culturali fra i gruppi umani e i diversi ecosistemi naturali e umani. L’obiettivo è quello di promuovere la giustizia sociale ed un uso sostenibile delle risorse per le generazioni future che hanno il diritto di ereditare una terra più abitabile, sana e pacifica.

Vladimir Hudolin (1922-1996) basò il suo concetto ecologico sociale sul lavoro dei Club, comunità multifamiliari autonome costituite da 2 a non più di 12 famiglie. Gli squilibri ecologici familiari vengono inquadrati come sistemici, in contrasto con la medicina classica che cerca di situarli esclusivamente in una dimensione biologica e/o psicopatologica.

Il Metodo Hudolin propone un cambiamento del comportamento della famiglia, degli stili di vita e della cultura della comunità, tale da consentire a tutti una crescita e maturazione come libera scelta, senza condizionamenti stigmatizzanti e/o emarginanti, ovvero “un’ecologia della libertà” proiettata verso trasformazioni sociali radicali, indispensabili per promuovere una comunità incentrata sulla solidarietà e sulla convivialità di tutti gli esseri e i sistemi viventi.

[1]Scorrimento”, “flusso”, ed “equilibrio” sono i componenti della parola tedesca “Fliessgleichgewicht” (equilibrio di flusso) la cui nozione Bertalanffiana è il concetto sistemico più importante, fra quelli offerti dallo scienziato austriaco, in vista della sua utilità per comprendere la formazione e il funzionamento di sistemi nell’area psicosociale.

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